domenica 30 settembre 2012

ALTRO GIRO ALTRO REGALO: Sono passati ormai più di 3 anni dal mio ultimo post su questo blog e di acqua sotto i ponti ne è passata molta, ormai l’Italia è tornata ad essere la mia casa, ho ripreso possesso del mio appartamentino appena fuori le mura del centro di Verona e non essendoci un lavoro nel campo del design per un ex backpacker che ha lasciato il cuore down under ho deciso di inventarmene uno che per ora tra alti e bessi sta andando e qualche soddisfazione riesce a togliermela. Nel mio ultimo intervento avevo promesso che mi sarei impegnato a riscrivere sul blog nel caso di un mio nuovo viaggio (un viaggio importante s’intende) quindi eccomi qua, nella lounge room Alitalia dell’aeroporto di Miami mentre imbratto con inchiostro virtuale queste pagine bianche nel tentativo di riassumere i fatti che mi hanno portato qui oggi, nella speranza che questi circa 1277 giorni di stop non abbiano “arrugginito” la mia vena creativa ed alleviato la vostra voglia di leggere i miei scritti, ma andiamo con ordine e partiamo dall’inizio. PREFAZIONE il 21 Settembre 2012 sono entrato anch’io nei fatali funesti e famelici ENTA e avendo alle spalle un’esperienza come quella down under ho pensato di celebrare il mio compleanno con un nuovo viaggio perché, sono dell’opinione che se proprio bisogna invecchiare meglio farlo con stile no? La tentazione di tornare una ventina di giorni o più nella terra dei canguri era tanta non fosse per quelle chiamiamole “incomprensioni” sorte tra me e la polizia stradale Australiana alla quale devo ancora un paio di migliaia di euro (forse qualcosina di più) e che sicuramente non mancheranno di ricordarmi quando mi troverò a passare di là. Così con il portafoglio a stretto regime carcerario e la voglia di partire alle stelle, mi sono rivolto ad expedia che in pochi click mi ha fornito una valida alternativa e di conseguenza mi ha permesso di mettere in piedi un viaggio a “basso costo” in terre che ancora non mi hanno multato per qualcosa, parlo dalle assolate e calde spiagge di South Beach alle ancor più bollenti acque di Grand Cayman. L’INIZIO DEL VIAGGIO L’inizio di un nuovo viaggio specie se in solitaria è un momento che regala sempre molte emozioni e se qualche avvenimento imprevisto lo rende diverso dal solito tanto meglio no? Il mio decollo è avvenuta a bordo di un’aereo della Delta Airlines da Milano Malpensa e quindi, essendo uno degli aeroporti peggio organizzati in cui sono stato, era abbastanza scontato il fatto che fossimo in ritardo, per la precisione di 40 minuti che il comandante ha promesso sarebbero stati recuperati nel corso delle 11 ore di volo che ci separavano da Atlanta, questo particolare mi stava molto a cuore visto che secondo i miei piani una volta giunto là, avrei avuto un’ora e 20 minuti per fare i controlli doganali e di sicurezza (raccolta delle impronte digitali, foto frontale e laterale sx\dx) che gli americani fanno a tutti i passeggeri di tutti gli aerei che facciano scalo sul loro suolo, ritirare il mio bagaglio e reimbarcarlo su un altro volo sempre della Delta dopo averlo fatto scannerizzare, cercare poi il mio terminal di partenza e raggiungerlo (non so se siete a conoscenza del fatto che l’aeroporto di Atlanta è immenso, c’è il treno che va da un terminal all’altro e ci impiega pure molto), a quel punto il più sarebbe stato fatto, non restava altro che scovare il mio gate di partenza e salire sull’aereo diretto a Miami, un bel numero di impegni insomma ma si poteva fare anzi, ce la potevo fare. In effetti il comandante è stato di parola, è andato a tavoletta e così siamo atterrati con addirittura 5 minuti di anticipo, ce l’avevo fatta, i miei piani sarebbero stati pienamente rispettati, non fosse che l’ineluttabile e beffardo destino (qualcuno lo chiama karma qualcun altro sfiga) ci ha messo lo zampino facendo inceppare il portellone dell’aereo che non si voleva aprire, non solo le hostess ma anche il comandante e il pilota hanno provato di tutto per sbloccarlo ma nulla, non si è voluto aprire, siamo rimasti prigionieri nella pancia dell’aereo per 1 ora abbondante prima che i meccanici riuscissero ad aprirlo dall’esterno per poi scoprire che la scala preparata per far scendere i passeggeri dall’aereo era troppo corta (?!?) e che ci saremmo dovuti spostare verso un altro gate dove avremmo finalmente poggiare piede a terra attraverso uno dei numerosi finger in dotazione all’aeroporto. A quel punto tutti i miei piani erano saltati esattamente come quelli di un centinaio di passeggeri miei compagni di sventura e il mio aereo per Miami se ne era bello che decollato, meno male che la Delta aveva un altro volo per la stessa meta con alcuni posti disponibili ed ha così provveduto a riassegnare tutti i passeggeri che potevano stare sul nuovo aereo me compreso, provvedendo a fornire una camera in hotel a tutti gli altri. Alla fine sono giunto a Miami con 3 ore di ritardo sulla mia tabella di marcia ma con un’esperienza in più sulle spalle. 1° TAPPA MIAMI Su internet avevo prenotato una stanza all’Hilton Downtown di Miami ad un prezzo “stracciato” e con la speranza nel cuore di incontrare in ascensore Paris (si, lo ammetto, mi piacciono bionde ed oche ma in fondo chi non ne è attratto?) ho preso possesso della mia residenza U.S.A. per i successivi 7 giorni. Che dire di Miami, una bella metropoli di mare che da il meglio di se nella zona di South Beach dove consiglio a tutti di prenotare l’hotel se avete intenzione di andarci visto che in questa maniera sarete al centro di tutto senza il bisogno di prendere i mezzi pubblici. Certo non è neanche lontanamente paragonabile con la metropoli di mare per eccellenza che è Sydney ma sicuramente è meglio di Rimini (non me ne vogliano i Romagnoli), la settimana passata li, è volata tra le visite alla zona portuale, downtown con i suoi palazzi, miami beach e il suo quartiere art decò e una giornata intera spesa alla venetian pool, si tratta di una bellissima villa in stile veneziano che nel parco presenta una piscina con fontana, una grotta semi sommersa, calli, cascate, giardini fioriti e acqua sporchissima e abbastanza puzzolente, insomma mancavano solo le nutrie e sembrava veramente di essere a Venezia (non me ne vogliano i Veneziani). Essendo Miami una città a prevalenza latino americana anche la sicurezza è ai massimi livelli e ad ogni angolo di strada si intravede una pattuglia della polizia con agenti armati di tutto punto e provvisti di giubbotto antiproiettile, questo però più che confortarmi non ha fatto altro che fare in modo che mi guardassi le spalle costantemente anche se ad onor del vero non mi è successo mai nulla se non contiamo quell’episodio in cui cercando un supermercato (avevo come al solito preparato la valigia all’ultimo e ho dimenticato lamette e schiuma da barba) sono finito in un quartiere “caratteristico” dove un’homeless dalla faccia parecchio incazzata mi ha chiesto cosa facessi li e se potessi aiutarlo con un paio di dollari, ne ho approfittato e gli ho chiesto così informazioni su stò benedetto supermercato, lui mi ha spiegato per filo e per segno dove trovarlo risparmiandomi un sacco di inutile strada a piedi (per la legge di Murphy infatti andavo nella direzione opposta), direi che i due dollari se li è meritati anche se c’è modo e modo di rivolgersi alle persone.. 2° TAPPA GRAND CAYMAN (UN VERO PARADISO) Il volo della American Airlines che mi ha portato sull’isola caraibica è stato molto veloce e confortevole (bellissimi aerei), in 1 ora e 20 minuti ero all’aeroporto di George town, ma l’atterraggio sull’isola non è stato altrettanto soft anzi, si è trattato del più “pesante” atterraggio che io abbia mai avuto e uscendo dall’aereo il pilota, in piedi sulla porta del cockpit si è personalmente scusato per l’atterraggio con ognuno dei passeggeri che comunque si erano già scordati dell’accaduto non appena scendendo dalla scaletta hanno messo il piede a terra, “un piccolo passo per un’uomo ma un grande passo…” [cit] Questo perché nonostante fossimo all’interno di un’aeroporto il panorama che ci si è presentato davanti è stato sublime, un’unica pista, palme ovunque, ufficiali di pista con giubbottino alta visibilità e corona di fiori attorno al collo ed addetti alla dogana sorridenti e dall’aria persino felice, solamente un’altra volta mi è capitato di essere in uno scalo altrettanto easy ed è stato a Darwin, di solito infatti gli aeroporti sono luoghi dove chi è di passaggio o è di corsa e solitamente in ritardo o è annoiato oltre ogni limite a causa della lunghezza del proprio stop over, mentre chi ci lavora vorrebbe ogni giorno essere dappertutto tranne che li, in quel preciso momento, e solitamente questi non lo nascondono, anzi, tendono a fartelo notare attraverso la loro scontrosità. Una volta ritirato il mio bagaglio, ho preso un taxi che mi ha portato al Grand Cayman Marriott Beach Resort, l’albergo attraverso il quale da oggi misurerò tutti i posti di villeggiatura in cui andrò (basta ostelli?!?) , mi spiego meglio, aperitivo di benvenuto offerto da una biondina molto carina e sorridente, camera assegnata da capo reception ancora più carina e che si trova all’ultimo piano dell’albergo, con balcone privato che si rivolge sul cortile interno dove si trova un lago con cascate e ponti in cui nuotano una cinquantina di tartarughe di mare e che è circondato da soffici divani in vimini e palme alte una quindicina di metri in cima alle quali sonnecchiano pappagalli dai colori più vari ed intensi,
la piscina riservata agli ospiti poi, è raffreddata (si avete capito bene, raffreddata) e confina direttamente con il mare la cui acqua è così trasparente e calda che potrebbe benissimo essere utilizzata per cuocere della pasta (ok, non è così calda, sono solo 34° ma concedetemi la licenza poetica). Adiacente alla piscina si trova un bar che prepara fantastici cocktail utilizzando rum cubano e frutta tropicale e che è possibile sorseggiare standosene distesi in ammollo su una delle “isole” galleggianti che si trovano ad una ventina di metri dal bagnasciuga contemplando il sole che sull’ora del tramonto si tuffa direttamente nel mare colorando il cielo di sfumature che vanno dall’arancio al rosso acceso
un momento perfetto in cui nel completo relax ed accerchiati solo dal rumore delle onde, in compagnia del cocktail di cui sopra ci si può prendere un momento per se stessi e pensare così alla propria vita ed a "Quanto stiamo andando?" e "Dove stiamo facendo?" [cit. Quelo].
Il mio primo giorno qui è trascorso in un lampo, infatti non ho fatto altro che scambiare un paio di chiacchiere con la capo reception, tale Alexandra (quella ancora più carina) entro i limiti impostimi dai 3 anni di stop che ha subito il mio inglese parlato e starmene in spiaggia a prendere il sole, l’unica fatica che mi sono concesso è stata quella di raccogliere fiato e forze a sufficienza per alzare il mio dito indice e premere il tasto play dell’ipod. Anche gli altri giorni passati sull’isola sono andati più o meno allo stesso modo, salvo che al mio ritorno in camera una sera ho trovato appoggiato sul fondo del letto un cestino con all’interno una bottiglia di spumante e 2 flut, gentile omaggio di Alexandra che, 15 minuti dopo mentre mi trovavo sotto la doccia mi ha chiamato al telefono solo per sapere se la camera che ormai occupavo da 3 giorni era di mio gradimento, Le ho risposto di si e che la ringraziavo molto per lo spumante, com’è proseguita la vicenda però non verrà riportato su queste pagine. L’hotel ha anche un servizio di water sports e siccome era dai tempi di Bali che non facevo un’immersione alla ricerca di nuove specie marine da annotare sul mio logbook, ho partecipato ad un corso di refresh per lavar via la ruggine del tempo che si era depositata sul mio brevetto di scuba diving, l’immersione si è svolta in un sito a qualche centinaio di metri dalla riva dove all’incirca a 16-18 metri di profondità si trova un relitto di una nave affondata qui e che non è mai stata rimossa in quanto il corallo sta crescendogli attorno formando così una barriera corallina semi artificiale dall’aspetto un po’ lugubre forse ma scenicamente notevole. Visto che ormai il danno nei confronti del signor Mastercard era fatto, ho deciso che anche il giorno seguente avrei fatto un’immersione, questa volta nella rinomata stingray city, una località delle Cayman in cui moltissime razze nuotano pacifiche ondeggiando a poche decine di centimetri dal fondale non sembrando per nulla intimorite da quel via vai di sub che le sfiorano, le fotografano e ne ammirano da vicino tutta la loro sottile bellezza. Ho fatto un'altra interessantissima conoscenza durante quest'uscita subacquea, ho avuto infatti il piacere di conoscere Pili, una ragazza di 26 anni spagnola che da 2 anni vive e lavora alle Cayman come crew sul catamarano che ogni giorno porta i sub a Stingray city, la sera poi sono uscito con lei e una sua amica Cilena accompagnata dal fidanzato che lavora come dj nel locale dove abbiamo passato la serata. E' proprio questo secondo me il bello di viaggiare da soli, abbiamo ed avremo sempre tempo di fare una vacanza tra amici ma sono queste le occasioni in cui ci si trova in un posto a cui non apparteniamo e siamo spogliati della sicurezza di avere persone a te vicino tutt'attorno, possiamo così metterci in gioco con maggiore facilità e conoscere nuove persone e nuove realtà che altrimenti sarebbe stato difficile incontrare. Lasciare l’isola l’ultimo giorno è stato un po’ triste, ma come per tutte le belle cose anche queste avventure hanno bisogno di una fine che ne delinei i contorni con assoluta chiarezza, così che possano rimanere impresse nella memoria di chi le ha vissute senza sfumature o macchie che ne minino il ricordo o invalidino il valore di ciò che ti lasciano in omaggio, sopra il conto. Solo così secondo me, si può essere pronti ad intraprendere un nuovo viaggio che non necessariamente si sviluppa attraverso i meridiani di questo nostro pianeta e che magari è di un tipo totalmente diverso ma che ti chiama a se come il canto delle sirene di Omerica memoria. A conti fatti direi che non ci si deve mai fermare e che bisogna ogni giorno ricominciare il viaggio, qualunque esso sia. Sempre. Il viaggiatore ritorna subito.

domenica 17 gennaio 2010

... EPILOGO



...ma poi sono tornato...

EPILOGO....



Mappa riguardante il mio "giretto"


Ad ormai un’anno da quel decollo in solitaria dall’aeroporto di Verona, è giunto il momento di tirare le somme su questo 2009 per me così atipico, mi ritrovo così a ripensare con nostalgia a tutto ciò che ho fatto quest’anno come l'aver avuto l'occasione di vivere inediti punti di vista, crearmi nella testa un mucchio di nuove idée, nuovi e diversi pensieri, l'aver percorso migliaia e migliaia di km a bordo di qualsiasi mezzo o, più semplicemente, a come ha avuto inizio questo mio blog e come è mutato dopo il mio sbarco Downunder, tante cose sono cambiate da quei primi scritti, che pian piano sono diventati sempre più radi, meno frequenti, ma più profondi, più personali, più votati al raccontare di sensazioni interiori che non ad elencare e riportare cronache di vita vissuta, per quanto fonte di curiosità che imprevedibile ed eccitante è la vita vissuta da backpacker.
E mano a mano che la frequenza del mio scrivere andava diminuendo, aumentava in maniera esponenziale la voglia di comunicare singolari sensazioni, nella maniera più semplice e naturale che mi fosse possibile raccontare, cercando di essere il meno banale possibile per quanto arrogante e futile sia stato alle volte il tentativo di provare a tramutare delle emozioni in parole, adesso infatti apprezzo ancor più di prima chi ha il dono dello scrivere, chi appunto riesce a tramutare emozioni in parole e metterle poi su carta con estrema facilità, senza sforzi.
Ma oggi ed una volta di più, ho deciso di complicarmi le cose e svelarvi un segreto.
In un certo senso questo blog, da indifferente mezzo di comunicazione che era all'inizio, è diventato per me sempre più importante, quasi viscerale, un mezzo per raccontare di me, del mio ormai passato downunder, ed è adesso l'unico filo che ancora mi tiene legato a quello che sono stato ed ho vissuto fino a poco tempo fa, a voler raccontare di me oggi, da casa, è come tagliare questo filo.
Definitivamente.
Ed è proprio per siffatta motivazione che questo post è il più difficile che mi sia capitato di scrivere.
L'ultimo.
Forse per sempre.
Il vostro cantastorie, è infine tornato a casa e per un pò di tempo non so se la lascerà anche se luoghi come il Canada, la Nuova Zelanda, il sud Africa, L’America Latina o il Giappone mi attirano non poco e nella vita non si sà mai che strade può prendere un viaggiatore, un vagabondo innamorato dell’orizzonte che ci teneva a vedere questo mondo di cui tanti parlavano ma in pochi avevano il coraggio di ammirare.
Ho così viaggiato, ho viaggiato tanto, non sono mai stato fermo per troppo tempo in un posto e tutti i soldi che ho guadagnato, non li ho spesi ma bensì investiti in questa cosa. Anche da questo deriva la definizione di viaggiatore, che è molto diverso dal turista, un turista infatti ha sempre anche il biglietto di ritorno mentre il vero viaggiatore, il vero avventuriero ne ha sempre e solo uno perchè il ritorno non sa bene nenche lui quando e da dove avverrà e forse, il senso della vita è un pò anche questo, stà nel perdersi in giro per il mondo, tra le culture dei popoli che lo abitano ammirando e ricercando ciò che li rende così “diversi” da noi.
[ I turisti attraversano i paesi dei quali sono ospiti mentre, i veri viaggiatori, li vivono. ]
Quello che è appena finito è stato indubbiamente un viaggio che influenzerà il mio pensare, le mie scelte per il futuro, il mio pormi nei confronti delle altre persone e, se ripartirò, non pretendo che tutti mi capiscano, anzi, non gli è dovuto… Non tutti sanno volare, inoltre c’è da dire che ora che sono tornato, sono un pò più saggio di quando partivo, ho capito infatti almeno tre cose su di me che fino a 12 mesi fà non conoscevo:

° Cosi’ almeno quando sarò un vecchio signore, non dovrò mai chiedermi, e se?….

° Per essere vecchio e saggio, prima devi essere giovane e stupido…

°il modo migliore per predisporsi a un viaggio?... buttare una moka e un po' di caffe' in uno zaino e saltare la prima staccionata a tiro…


Penso di averlo ormai dimostrato, a fare lo zaino con tutto l'occorrente ormai ci metto meno di 20 minuti e tutto quello che viene dopo, dipende solamente da una decisione e per quella serve molto molto meno tempo.
Forse non lo sembra, ma per me è davvero la cosa più naturale del mondo, non capisco e non tollero più il viver nell'affanno, nella mediocrità, il raccontarsela giusto per raccontarsela.
Se uno ha voglia di provare stimoli e nuove sensazioni, affrontare nuove sfide, se uno ha voglia di mettersi alla prova o semplicemente sete di conoscenza, c'è sempre una possibilità, tanto in questo come in tutti gli ambiti che compongono la nostra vita, non deve far altro che una dichiarazione.
Ed è davvero semplice, ieri come domani.
Uno si dichiara indipendente.
E se ne va.
See ya and have a good life mate.


[ ...perchè una volta che lasciate l'Australia, l'Australia cessa di esistere. [...] L'Australia è in gran parte vuota e lontana, tanto lontana. La sua popolazione non è numerosa e, di conseguenza, il suo ruolo nel mondo è periferico. Non ha colpi di stato, non esaurisce le riserve ittiche con una pesca dissennata, non finanzia despoti impresentabili, non produce cocaina in quantità imbarazzanti, non usa la propria influenza in maniera arrogante e inappropriata. E' un paese stabile, pacifico e buono. Non ha bisogno di essere tenuta sotto osservazione, e così non lo facciamo. Ma voglio dirvi questo: a perderci siamo solo noi.]

In un paese bruciato dal sole - BILL BRYSON


Il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione. Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto: "Non c'è altro da vedere", sapeva che non era vero. Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si è visto in estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, vedere le messi verdi, il frutto maturo, la pietra che ha cambiato posto, l'ombra che non c'era. Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre. Il viaggiatore ritorna subito.
José Saramago

domenica 27 dicembre 2009

Life is a Journey (parte terza)

Kuala Lumpur è stata una rivelazione, vi sono arrivato con un treno scassato che in 7 ore mi ha portato da Singapore al centro della capitale malese.
Arrivato nel primo pomeriggio, ho preso un taxy verso quell ache sarebbe stata la mia nuova abitazione temporanea, la simpatico “Ragge Guest House”, nessun nome fu mai più azzeccato di questo, infatti questa guest house, è decorata con bandiere Jamaicane, foto di personaggi dai capelli rasta nell’intento di fumarsi strane sigarette autoassemblate e Bob Marley di sottofondo.
Tutta questa atmosfera rilassata, appariva molto simpatico, le camere erano pulitissime ed il bagno pure, l’unica cosa che mi ha lasciato un pò perplesso è che anche in Malesia come nel resto dell’Asia, vige la pena capitale per i trafficanti di droga, insomma questa Guest House un pò strideva con il contesto che le stava attorno.
I tre giorni passati in città sono letteralmente volati, tra shopping a dir poco cheap, visite alle torri petronas

ed una scalata della Kuala Lumpur tower (4° palazzo più alto del mondo) dalla quale letteralmente piovevano esseri umani visto che pagando una quota, se in possesso di un brevetto di paracadutismo, ci si poteva lanciare per fare del sano Base Jumping e devo dire che fa venire i brividi ammirare il panorama da una delle finestre e vedersi precipitare davanti un’uomo ad una velocità impressionante, tutto documentato con delle foto che mi hanno portato via un bel pò di tempo e tentativi vista appunto la velocità che i soggetti raggiungevano.

Penso che anche Kuala Lumpur come Singapore, meriterà un’altra mia visita in futuro, magari non durante la stagione delle piogge, si tratta di una città veramente occidentalizzata ma che al tempo stesso conserva anche quel retaggio storico che le viene da millenni di cultura asiatica, un bel mix insomma.
L’ultima mattina, ho preso un taxi (guidato da una donna che avrà avuto 70 anni…) che mi ha accompagnato in stazione centrale e da li, un bus per l’aeroporto da cui sono ripartito direzione Bangkok con un volo Air Asia (che vince il premio per migliori hostess del mondo).
Sono atterrato in Thailandia nel tardo pomeriggio e subito ho trovato ad aspettarmi la macchina del mio hotel, in un’oretta ero così in camera mia, all’ultimo piano di un bel hotel in soi 9 (i Soi sono le traverse stradali) il panorama che si può vedere da quella camera affacciata sulla città non era affatto male.
A questo punto 4 parole sulla Thailandia sono doverose, informandomi su internet ho scoperto che si tratta di un paese dall’ antichissima e raffinatissima cultura come dimostrano i numerosissimi templi e siti storici sparsi un pò ovunque qua e là.
Oltre a ciò, le bellezze naturalistiche mozzafiato della Thailandia sono difficilmente riscontrabili altrove, a partire del mare, caldo e accogliente (anche se io non ho avuto il tempo per appurare questa cosa visto che ho visitato esclusivamente la capitale).
Devo dire che la popolazione che ho potuto incontrare in quei giorni mi è sembrata molto amichevole anche se un po’ troppo insistente nel voler a tutti i costi venderti qualcosa, che fosse un massaggio tradizionale ad opera di stupende ragazze o un monile d’oro.
A parte ciò anche in questo caso i giorni se ne sono andati tra un giro in Tuk Tuk, una visita ad almeno 15 diversi super buddah ricoperti d’oro (non scerzo, ricoperti di VERO oro),


frequenti bagni in piscina visto il caldo pressochè insopportabile e qualche chiacchiera scambiata con i vari Bonzi vestiti con la tradizionale tunica arancio che di loro spontanea volontà, si avvicinavano per spiegarti con un buon inglese il significato dei vari e diversi tra loro templi sparsi per la città..

Anche qui come in Australia, sono sicuro che un giorno farò ritorno ed a proposito di questo, ho avuto un flash improvviso e ricordo come esattamente 11 mesi fa, su di un blog appartenente ad un mio predecessore, ho letto questo piccolo paragrafo che cade così vittima di un copia – incolla

[...perchè una volta che lasciate l'Australia, l'Australia cessa di esistere. L'Australia è in gran parte vuota e lontana, tanto lontana. La sua popolazione non è numerosa e, di conseguenza, il suo ruolo nel mondo è periferico. Non ha colpi di stato, non esaurisce le riserve ittiche con una pesca dissennata, non finanzia despoti impresentabili, non produce cocaina in quantità imbarazzanti, non usa la propria influenza in maniera arrogante e inappropriata. E' un paese stabile, pacifico e buono. Non ha bisogno di essere tenuta sotto osservazione, e così non lo facciamo. Ma voglio dirvi questo: a perderci siamo solo noi."]

A dicembre 2008, mi chiedevo se queste parole corrispondessero al vero ed oggi devo dire che effettivamente è tutto reale ed ogni singola sillaba, virgola o accento usati per esprimere questo concetto, ottengono sicuramente tutta la mia approvazione e la mia comprensione.

C ya Australia